Brescia 2006

 


Finalmente Domenica 22 e Lunedì 23 Ottobre 2006 si è svolto il Raduno annuale ABX ADV a Brescia.
La chicca del Raduno è stata la visita alla Base del 6° Stormo Caccia Bombardieri di Ghedi, organizzata da lungo e finalmente realizzata dopo un rinvio dovuto ad esigenze "militari". Unica nota negativa di quest'anno un tempo inclemente che ci ha regalato pioggia e nebbia, ma che non è riuscito a raffreddare gli animi e l'entusiasmo dei partecipanti.
Grazie al Comando del 6° Stormo che ci ha autorizzato alla visita, e un grazie a voi che avete partecipato al nostro Incontro annuale.

 
Foto di gruppo all'interno dell'Hangar da sx a dx :
Lorenzo Mendini, Gabriella Este, Alberto Frati, Mario Sparacino, Marco Carnasella, Riccarda Patelli Linari, Michele Linari, Fabrizio dell'Acqua, Massimiliano Cavalli, Stefano Pirovano, Il Maresciallo Sgobbio, NIcola Melani, Emanuele Bresciani, Luca Bassi, Teo Pedrini, Antonio Cistellini
 
Ed ecco lo splendido resoconto del Raduno della nostra Signora delle penne Riccarda Patelli Linari!
 

Raduno Air Brixia – Air Dolomiti Virtual

Brescia Montichiari – Ghedi, 22-23 ottobre 2006

Dopo qualche peripezia e parecchi “sgrat sgrat”, il Raduno annuale dei Brixian-Dolomitici è andato finalmente in porto, anzi in aeroporto! La mattina del 22 ottobre i primi ad arrivare all’Aeroporto Gabriele D’Annunzio di Brescia Montichiari (LIPO per gli amici) sono stati i radunisti volanti Davide Cecchinato, alle ore 9, e poi Michele Linari ed io alle 9,15 circa. Davide aveva perfettamente parcheggiato e piantonava il suo mezzo terrestre in un semivuoto parcheggio a lisca di pesce. Io, dopo una fulminea occhiata al cartello “parcheggio riservato al personale”, ho realizzato in un millesimo di secondo che tale sistemazione sarebbe stata provvisoria e, avendo a disposizione del provvidenziale spazio superfluo, sono stata colta dall’ispirazione creativa di un fantasy parking, tipica espressione artistica che fa parte solo del patrimonio genetico femminile e senza la quale i parcheggi di tutto il mondo sarebbero assai monotoni e banali. Così ho posizionato il mio Doblò con una manovra picassiana assolutamente al di fuori dei settori riservati, in maniera non simmetrica a cavallo fra uno spazio e l’altro e quasi perpendicolarmente al marciapiede sovvertendo le stabilite e consuete geometrie e inclinazioni dei parcheggi a lisca di pesce. Solo il genio femminile può tanto e infatti Davide, sorpreso da tale estro automobilistico materializzatosi sotto i suoi occhi e accanto alla sua perfezione geometrica, mi ha fatto immediatamente notare la bizzarria del mio gesto. E così mi sono messa ad ammirare con orgoglio l’opera d’arte moderna improvvisata che così tanto lo aveva colpito, senza intenzione alcuna di fare manovre correttive che variassero in qualche modo il prezioso originale, tanto trattavasi di un capolavoro temporaneo e infatti poco dopo, all’arrivo di Mario Sparacino e Luca Lanti, abbiamo spostato le nostre auto all’interno dell’Aero Club Brescia. Le sue origini risalgono all’epoca dei pionieri del volo e nel 1909, in occasione del Circuito Aereo di Brescia, prima gara aerea in Italia, fu realizzato a Montichiari un campo di volo e nacque il “Club di Sport Aereo” con l’intenzione di dotare Brescia anche del dirigibile Zodiac n° 5.
 


(Immagine tratta da www.aeroclubbrescia.it)

Dirigibile Zodiac
(foto tratta da www.zodiacmarine.com/fr/grpe/?tpl=histo1)

Il grande evento internazionale del Circuito Aereo di Brescia vide nel cielo locale alcuni degli assi del volo come Curtis, Rougier, Calderara e Leblanc. A bordo del Voisin di Curtis e Rougier, Gabriele D’Annunzio ricevette il suo battesimo dell’aria segnando il primo record di 198 metri di altezza.  Ai tempi della Prima guerra mondiale, a causa della sua vicinanza al fronte, Brescia fu dotata anche di un campo di volo militare che venne costruito a Ghedi, dove il 75° Gruppo, a partire dal 1916, era incaricato della difesa della città, mentre ai tempi della successiva guerra fu costruito un aeroporto vero e proprio dotato di due piste parallele e distanti fra loro poco più di 3 km, due piste che diventeranno poi gli aeroporti di Montichiari e di Ghedi che inizialmente erano uniti da vie di rullaggio e strade che oggi non sono più in uso come collegamento. A differenza dello scalo di Montichiari, infatti, la base di Ghedi nel tempo ha assunto sempre maggiore importanza militare.

Tornando al presente e al nostro raduno, sul piazzale aeroportuale ci attendeva un Boeing 747 cargo della Atlas Air e i vari “cucciolini” dell’Aero Club che siamo andati subito a coccolare da vicino.
 



foto di Michele Linari
 

Durante il tragitto per raggiungerli abbiamo visto parcheggiato un furgone con la scritta “Servizio Shuttle” che scherzosamente ho pensato potesse servire per il trasporto degli astronauti nel caso che la NASA avesse problemi e lo Shuttle dovesse atterrare a Montichiari sui suoi 3 km di pista 14/32. Tale mio pensiero è stato espresso a voce alta a Mario Sparacino che ha ironicamente confermato la mia improbabilissima teoria. Giunti dai nostri piccoli amici alati, sia quelli parcheggiati in esterno, sia quelli in hangar, li abbiamo passati in rassegna ascoltando gli affascinanti racconti di volo di Lanti e Sparacino che mi hanno rivelato la presenza in torre di controllo di un sofisticatissimo sistema ottico di avvistamento, modello galileiano. Poi di nuovo sono stata presa dall’estro creativo pittorico in versione affettuosa e, dopo aver saputo che tutti i velivoli presenti erano stati baciati dall’Inzirillo nazionale, ho avuto un’idea che spero non faccia ingelosire l’assente Luigi. Baciarne uno anch’io, ma in maniera tipicamente femminile, cioè con il rossetto in modo da lasciare la mia firma sulla fusoliera. L’opera d’arte è stata immediatamente realizzata in presenza del fotoreporter “sparalesto” che ha immortalato l’attimo. E così, mentre Michele e Davide coccolavano i comandi del Piper PA28 I-SIVI, io portavo a termine l’opera J
 

Foto di Mario Sparacino
 

Durante la mattinata dal meteo nebbioso che non ci ha fatto volare come previsto, sono giunti altri radunisti in ordine sparso. La simpatica signora Gabriella, dinamica hostess del figlio pilota nonché radioamatore Lorenzo Mendini, il secondo pilota Luca Sirocchi giunto via terra, il nordico uomo delle nevi Luca Bassi, la famigliola Cistellini composta da Antonio, dalla sua signora e dalla sua splendida bimba, l’“istituzione” Alberto Frati, il gentilissimo Massimiliano Cavalli, quel che resta di Teo Pedrini dopo la dieta e l’altro Presidente indigeno, l’antropologicamente inconfondibile Stefano Gazich Valseriati. Si sono unite a noi anche alcune api che forse ci hanno scambiati tutti per fiori e fra una chiacchiera e un ronzio è arrivata l’ora dell’aperitivo con salatini e patatine, alcune delle quali a forma di bastoncino cavo che Gazich ha prontamente tentato di accendersi come una sigaretta e, non contento, ha mimato pure una potato-cannabis performance destando lo stupore di tutti i presenti. Vuoi per l’effetto stimolante dell’appetito da parte dell’aperitivo, vuoi per la necessità di sottrarsi all’insistenza degli operosi imenotteri che stavano tentando di fare di noi dell’abbondante miele, presto il gruppo si è messo in cammino verso il ristorante “Cantinaccia” a Brescia. Abbiamo lasciato qualche macchina parcheggiata in Aero Club e io e Michele siamo stati assegnati al driver Mario Sparacino alla guida della sua nuova Lancia. Durante il tragitto, pur apprezzando la bellezza e la comodità dell’auto, ho dovuto confessare di prediligere l’Alfa Romeo, in particolar modo la 159 e Mario mi ha confessato a sua volta che fra “lancisti” e “alfisti” tradizionalmente esiste lo stesso tipo di rapporto che c’è fra milanisti e juventini, ma che, civilmente, non ne avrebbe tenuto conto. Al ristorante ci attendevano due pilastri, Fabrizio Dell’Acqua e Franco Fracassi, che si sono uniti a noi in una bella tavolata e il pranzo è iniziato
 

Foto di Mario Sparacino
 

Durante le varie degustazioni solide, liquide e anche verbali dovute all’ottima compagnia, mentre apprezzavo un gustosissimo piatto di spaghetti alle vongole giganti, ho chiesto al Presidente Gazich, che mi sedeva accanto, se nel pomeriggio ci avrebbe fatto vedere il cargo riferendomi alla possibilità di avvicinare e visitare un Boeing 747 all-cargo della Ocean Airlines, compagnia di trasporto aereo italiana fondata nel 2003 che ha come sede operativa l’Aeroporto di Brescia Montichiari per effettuare voli commerciali a lunga percorrenza con destinazioni in Estremo Oriente, Africa, Nord e Sud America.
 

Foto da www.oceanarilines.com
 

Il velivolo dai bellissimi colori azzurro mare ha delle misure oceaniche: un’altezza di 19,3 metri, una lunghezza di 70,7, un’apertura alare di 59,6 e una capacità dei serbatoi pari a 157.400 kg.

Stefano prontamente mi ha risposto che poteva anche farcelo vedere subito il “cargo”, ma si sarebbe dovuto spogliare ed ha iniziato a mimare l’apertura della cerniera dei suoi jeans. Ovviamente è stato altrettanto prontamente definito megalomane davanti a tutti, mentre cercavo di smettere di ridere e così si è vendicato dicendo che il 747 non lo avremmo potuto vedere. Intanto a tavola si continuavano a riempire i serbatoi di “carburante” e per un caffè in compagnia ci ha fatto una gradita visita di cortesia Stefano Crosatti.

            Finiti i rifornimenti siamo ripartiti per tornare a Montichiari e nel parcheggio del ristorante ho scoperto che il nostro “motore di ricerca”, al quale qualunque cosa si chieda si ottiene risposta esauriente, cioè l’enciclopedico Fabrizio Dell’Acqua, stava tentando di aprire una nuovissima Alfa 159 austriaca. Ci è riuscito facilmente e subito, pertanto ho dedotto che fosse la sua e naturalmente la richiesta di un passaggio è sorta spontanea ed ho ottenuto come sempre risposta esauriente, cioè un “sì”. Non restava che dirlo con molto tatto al lancista Mario Sparacino che, seppur tradito automobilisticamente, pare abbia preso bene la cosa. Nel viaggio di ritorno abbiamo parlato di ripresa, tenuta di strada ecc. e abbiamo testato alcune prestazioni, Fabrizio in qualità di pilota ed io di osservatrice che ha potuto sperimentare l’ebbrezza dell’accelerazione e della forza centrifuga. L’esperienza è stata molto utile per abituarsi psicologicamente e per gradi all’emozionante impatto dell’incontro con il Tornado previsto per il giorno successivo. Infatti le due macchine si differenziano solo per alcuni dettagli nel design estetico e aerodinamico della “cellula” e per la mancanza della funzione di decollo nella 159 J

            Il dopo pranzo ha riservato una bella sorpresa perché è stato possibile volare con Luca Lanti ai comandi, Davide Cecchinato alla sua destra e Michele Linari ed io accomodati posteriormente sul PA28 I-APCE. Prima del decollo ho controllato la capienza della tasca posteriore del sedile di Luca, giusto per stimare se ci sarebbero entrate tutte le vongole giganti che insieme agli spaghetti avrebbero potuto trovarsi di fronte ad una scelta sul da farsi nel mio stomaco. Tutto perfettamente ok, niente “scelte gastriche” e così ho fatto il mio secondo volo dopo il battesimo dell’aria ricevuto a Rimini nel 2004! Il meteo stava velocemente cambiando e così siamo prudentemente riatterrati in breve tempo, ma ci siamo divertiti moltissimo durante quel giro campo e Luca ci ha pure regalato un touch and go!

            Il pomeriggio è trascorso fra una chiacchiera e l’altra amichevolmente e simpaticamente, e  su richiesta Luca Lanti ha fornito un opuscolo dell’Aero Club che mi ha positivamente colpita sia dal punto di vista dei contenuti che dell’impostazione grafica a partire dalla copertina decisamente invitante con un bel cielo azzurro e la scritta “Hai mai sognato di volare?”. L’interno è riccamente illustrato e fornisce notizie storiche e informazioni sulla Scuola di Volo che offre corsi per conseguire, partendo dall’attestato di allievo pilota, la licenza di pilota privato e di pilota commerciale, l’abilitazione al volo strumentale e a quello di velivoli monomotori e plurimotori e anche l’abilitazione all’emozionante volo acrobatico. Presenta anche la flotta composta da 4 Piper PA28 Cadet/Warrior, 1 Piper PA28 Archer II, 1 Piper PA28 R Arrow, 1 Piper PA28 Turbo Arrow IV, 1 bimotore PA34 Seneca, 1 Cessna C172 RG e 1 Mudry CAP10B definito un purosangue acrobatico per fare le capriole. Fra le cose che mi hanno maggiormente colpita del prodotto editoriale in questione vi è un’idea secondo me geniale nella sua semplicità e si tratta di una parte dell’opuscolo che presenta dei tratteggi e l’invito a piegare il foglio seguendo le indicazioni per realizzare un aereo di carta da far volare subito a costi decisamente bassi. Veramente una trovata molto carina. Luca ci ha anche fornito una copia del Notiziario dell’Aero Club, intitolato «Giro Campo», che contiene notizie, articoli e curiosità.

Fra una lettura e una chiacchiera l’orologio ha segnato un orario molto particolare e il gentleman Mario Sparacino, che ci tiene alle tradizioni, ispirandosi alle abitudini britanniche ha immaginato che la torre di controllo di Montichiari fosse il Big Ben londinese e ha fatto servire un virtual five o’clock english tea cioè una real birra bresciana delle cinque J

            Intanto Antonio Cistellini si sbellicava dalle risa scompostamente e in maniera immotivata specialmente dopo che moglie e figlia si erano assentate e siccome si stava spargendo la voce dell’arrivo di un volo, forse un Tupolev carico di bambini, con atterraggio intorno alle 18,30, sotto l’effetto della birra ha capito che forse si sarebbe trattato di “bambine” dai 18 ai 30. Nell’attesa un previdente e organizzatissimo Alberto Frati ha installato nel bar dell’Aero Club il suo portatile con il Flight Simulator per la gioia di tutti i virtual e/o real piloti presenti. L’atterraggio dell’ipotetico Tupolev, dato lo scarso traffico aereo di Brescia Montichiari, bella e grande struttura un po’ sottoutilizzata purtroppo, è stato atteso come un vero e proprio evento contando i minuti. Davide Cecchinato controllava l’orologio e tutti guardavamo il cielo pronti ad avvistare le luci nella foschia, e infine eccolo! Tutti dunque ad assistere all’atterraggio e… e non sembrava… non era un Tupolev! Sì è aperto un toto-aereo subito svelato appena la visibilità lo ha consentito. Si trattava di un Boeing 737-500 della Belavia e tutti a dire “bellooo!”, esclamazione spontanea dopo una giornata di attesa di un po’ di traffico aereo. Alcuni non hanno resistito al raptus fotografico e così Luca Lanti e Davide Cecchinato hanno puntato il loro obiettivo e naturalmente Mario Sparacino ha azionato il suo zoom sulla scaletta per verificare di che natura fossero i passeggeri in discesa, se piccoli viaggiatori atterrati alle 18,30 oppure viaggiatrici dai 18 ai 30. Inizialmente sono scese varie persone seguite poi da tanti piccoli bimbetti che procedendo in fila per due parevano non finire mai. La fila si allungava e da lontano sembravano ancora più piccini e anche arzilli e contenti. Il volo proveniva dalla Bielorussia.
 


 Foto di Mario Sparacino
 
Prima di lasciare l’Aero Club immortaliamo un piccolo scatto di gruppo sugli scalini dell’ingresso. Mi sono dimenticata di salire su un gradino o due e così sembro ancor più piccola di quello che già sono, mentre invece Franco Fracassi pare un gigante.
 


Foto di Mario Sparacino
 

Dopo una disquisizione cavillosa su un cartello di divieto di arrampicata affisso sulla ringhiera del muretto dell’Aero Club, è stato stabilito che, siccome il divieto proibiva testualmente di salire sul muro, non sarebbe stato contro le regole prendere la rincorsa, saltare e aggrapparsi alla ringhiera in perfetto stile Uomo Ragno senza sfiorare minimamente la muratura sottostante. E quindi, interpretata la norma secondo la più logica giurisprudenza e archiviato il caso, seguendo tutti il Presidente Gazich che guidava il corteo automobilistico attraverso un numero incredibile di rotatorie, siamo giunti in zona collinare nel bellissimo agriturismo “La Cavallina” in località Lonato, e si è unito a noi anche Emanuele Bresciani, pilota real dell’Aero Club Brescia. Mi sono ritrovata a capotavola, quale onore, con alla destra Antonio Cistellini e alla sinistra Mario Da Sparacino e quel “Da” non è un errore, ma una scoperta straordinaria! Io e Antonio siamo stati testimoni oculari della capacità di Mario di scrivere velocemente e agilmente con la mano sinistra in maniera speculare e da destra a sinistra proprio come Leonardo Da Vinci. Inoltre ha scritto anche a due mani in maniera non solo speculare, ma simmetrica partendo dal centro del foglio e per finire ha accennato uno schizzo architettonico del capitello di una colonna di ordine ionico. Qua sotto ecco raffigurata una copia dell’originale dell’inestimabile documento che riporta versi poetici famosissimi e immortali e che, dopo essere stato nelle mani dell’autore, è adesso in mio possesso, un po’ come il noto manoscritto di Leonardo Da Vinci che in tempi abbastanza recenti è passato di proprietà dagli eredi di Lord Leicester ad Armand Hammer e poi dagli eredi Hammer è stato acquistato da Bill Gates, assumendo ad ogni passaggio il nome del nuovo proprietario.
 

Facsimile del preziosissimo Codice Patelli Linari (ex Codice Da Sparacino)
 

Chiunque volesse diventare proprietario del documento originale realizzato su carta quadrettata di un autentico block notes del XXI Secolo, può iniziare a fare le sue offerte partendo dalla base d’asta di 1.000.000.000,00 €… J Chiacchierando di cinema, tv, Ferrari, sport invernali e del più e del meno anche con gli altri commensali più vicini senza farci mancare battute goliardiche sotto la guida dell’inesauribile Gazich, abbiamo via via assaporato delle portate gustosissime a partire dai saporiti affettati atterrati sulla tavola su enormi taglieri lignei a forma di disco volante. Dopo è stata la volta di due primi di cui un risotto paradisiaco e poi il piatto forte: la grigliata di carne anch’essa giunta in tavola su disco volante, in versione metallica e rovente, con fiamma propulsiva sottostante per ultimare la cottura sotto i nostri occhi.

            Inavvertitamente Mario Sparacino si è ustionato leggermente una mano e la sua reazione al dolore gli ha fatto rovesciare un intero bicchiere d’acqua addosso ad Alberto Frati, bagnando abbondantemente in zona imbarazzante i suoi jeans e la sedia rivestita di stoffa. Alberto ha tentato di rimediare alla meglio, ma la chiazza sui pantaloni era assai evidente e la sedia era da cambiare. Una cameriera è intervenuta per la sostituzione alzando la sedia bagnata e rivolgendo la visione della macchia d’acqua verso l’intera sala piena di gente ed è stato allora che Stefano Gazich Valseriati, colto da raptus processuale del pubblico ministero, ha arringato ad alta voce un “è stato lui!” per di più indicando l’imputato ancora in piedi! Impossibile non sbellicarsi dalle risa e, infierendo ulteriormente, Gazich ha chiesto sempre ad alta voce alla cameriera di portare anche un vasino per Alberto. In quell’istante, avendo bevuto dell’acqua, non ho resistito alla battutaccia e mi sono trasformata, assai maleducatamente ahimè, in un idrante per fortuna rivolta verso il mio piatto vuoto senza fare la doccia a nessuno. Anche un altro dei commensali, Michele Linari, si è bruciato leggermente un dito e seppur col sospetto che la grigliata fosse composta da pezzettini di clienti precedenti ustionati e infine cotti sulle piastre roventi e serviti ai clienti successivi, abbiamo gustato della buonissima carne accompagnata da abbondanti patatine fritte e insalatina mista, il tutto accompagnato da del buon vino. Davvero un’ottima cena con un gran finale di doppio dessert a base di macedonia con gelato per tutti e di altro dolce a scelta, ovviamente strudel per la sottoscritta. Stefano Grappich Avvinazzati, Luca Bassi e altri hanno ulteriormente concluso con una bella grappa dopo la quale il Gazza è stramazzato nel letto di Luca Bassi e, non in grado di tornare a casa, è rimasto a pernottare nell’agriturismo insieme, in camere separate per fortuna, a me e  Michele, a Fabrizio Dell’Acqua e a Massimiliano Cavalli. E così in appartamentini deliziosi e rustici è trascorsa una notte riposante e silenziosa. Alle 7 del mattino seguente sveglia ad opera del chicchirichì di un gallo e del suono delle campane… che bello! E ancor più bella la visione paradisiaca del tavolo imbandito con la colazione in una stanza con caminetto… davvero un risveglio fantastico e un ottimo modo di iniziare la giornata e di non far caso al meteo pessimo che ci attendeva fuori.
 

Foto di Michele Linari
 

In stato euforico dopo una colazione del genere,  siamo partiti alla volta di Ghedi seguendo Fabrizio Dell’Acqua che capitanava in auto la spedizione guidato a sua volta dal navigatore che, dopo aver ignorato il suo consiglio di imboccare l’autostrada, si è vendicato e si è divertito a prenderci in giro facendo finta di cercare un ipotetico Signor Ghedi visto che ogni tanto ci portava in qualche strada senza sfondo piena di villette con giardinetto. Devo dire che la Lonato-Ghedi Navigator Adventure, ricca di manovre di retromarcia e di inversioni, è stata assai divertente, e alla fine, perdendoci per strada Luca Bassi che poi è riuscito a raggiungerci, siamo giunti davanti all’ingresso della base dove ci attendeva già un bel gruppetto sotto la pioggia, arricchito dai nuovi arrivi di Stefano Pirovano, Nicola Melani e Marco Carnesella. Siamo stati accolti da un simpatico Maresciallo che è stato il nostro accompagnatore per tutta la durata della visita. A bordo di un mezzo dell’Aeronautica Militare e scortati in auto da Lorenzo Mendini e dalla signora Gabriella, siamo entrati all’interno della base e abbiamo raggiunto la pista con orientamento 14/32 e lunghezza di 3 km, posizionandoci a pochissimi metri da essa ed esattamente all’altezza del punto di stacco dei due Tornado che, giusto come antipasto, sarebbero decollati di lì a pochi minuti davanti ai nostri occhi. Poco prima dei decolli una lepre ha attraversato saltellando la pista scappando via lontano e subito dopo lo spettacolo è stato, come potete immaginare, molto grintoso ed esaltante e i due bolidi con a bordo pilota e navigatore (che tecnicamente si chiama “addetto ai sistemi d’arma”) sono spariti nella nebbia salutandoci con le loro fiammate e il loro straordinario frastuono vibrante nell’aria.
 



foto di Nicola Melani
 

Mentre viaggiavamo nel pullman il Maresciallo ci raccontava un po’ di cose sulla base che pare una città. Per esempio che è molto estesa e la sua superficie di circa 660 ettari interessa 6 comuni e che gli addetti all’interno sono più di 1400 fra militari e civili. La base ospita spesso visite guidate, specie in primavera-estate, da parte dell’Associazione Arma Aeronautica, ma anche di altri gruppi organizzati come il nostro e di scolaresche di tutte le età. La storia dell’aeroporto di Ghedi fa parte di quella dell’Aeronautica Militare Italiana e fino al 1943 ha ospitato numerosi Gruppi e Scuole di Volo. Tra fine anni ’40 e inizio anni ’50 la base è stata intitolata al Tenente Alfredo Fusco, Medaglia d’Oro al Valor Militare, e la pista fu ristrutturata per poter ospitare i velivoli più moderni. Sempre negli anni ’50 la base ha ospitato il 6° Stormo, attualmente ancora presente e che proprio quest’anno ha celebrato il 70° anniversario della sua costituzione avvenuta nel 1936 a Campoformido. Negli anni ’50 a Ghedi il 6° Stormo incorporò il 154° Gruppo che allora era dotato di jet DH 100 “Vampire” e di F-84G. In seguito, dal 1956 al 1964, fu equipaggiato con gli F-84F e poi con gli F-104G. Il primo esemplare di cacciabombardiere ognitempo Panavia PA-200 “Tornado” viene assegnato al 154° Gruppo nel 1982 e dal 1988 al 1990 fa parte del 6° Stormo anche il 155° Gruppo che poi sarà assegnato al 50° Stormo di Piacenza. Nel 1993 entra nel 6° Stormo anche il 102° Gruppo che ancor oggi lo costituisce, insieme al 154° detto Gruppo dei Diavoli Rossi.

            L’innovativo arrivo dei Tornado a Ghedi comportò interventi di ristrutturazione logistica per essere all’altezza del salto qualitativo determinato dall’acquisizione della nuova macchina. Sono stati necessari interventi di ammodernamento dei settori adibiti alla manutenzione e l’installazione di un simulatore di volo per l’addestramento. Tali ristrutturazioni hanno impegnato in misura complessa sia il Gruppo Tecnico (STO) che il Gruppo Logistico (SLO) intervenendo dunque su tutta l’organizzazione del 6° Stormo i cui compiti in tempo di pace, in particolar modo quelli del 154° Gruppo, sono quelli di addestramento quotidiano in funzione dell’acquisizione e del mantenimento della Combat Readiness (Prontezza al combattimento) e della Immediate Reaction Force degli equipaggi di volo, e assicurare una valida collaborazione alle forze dell’ordine e alla protezione civile in caso di calamità naturali o di lotta alla criminalità. In tempo di guerra i compiti sono assegnati dalla NATO e prevedono,  in coordinamento con Esercito e Marina, ricognizioni, rilievi fotografici e, se necessario, attacco. Il 102° Gruppo, facente parte del 6° Stormo dal 1993, ha partecipato a molte missioni operative in diverse parti del mondo e dal 1998 si occupa dell’addestramento operativo di difesa e attacco dei nuovi piloti e navigatori provenienti dalle scuole di volo. Attualmente si sta addestrando a Ghedi la prima donna pilota di Tornado.

            I compiti non sono solo bellici, ma anche deterrenti e finalizzati agli aiuti alle forze di polizia e alle autorità civili. Il 154° Gruppo, con l’attività di ricognizione e rilievo fotografico, è stato di valido aiuto in occasione del tragico sisma che ha colpito in particolar modo San Giuliano di Puglia in Molise, nel disastro di Sarno, in caso di sequestri di persona (ad esempio il caso Soffiantini) e di intercettazione di nascondigli e covi di mafiosi, nonché di ogni tipo di rilievo utile come ad esempio la scoperta di fosse comuni nella ex Jugoslavia. Un sistema di ricognizione aerofotografica ad alta tecnologia, tramite applicazione di speciali POD fotografici di cui può essere dotato il Tornado, è in grado di scattare delle fotografie da bassissima, bassa e alta quota, sia diurne che notturne sugli obiettivi di interesse. L’utilizzo viene impiegato sia in campo militare che in quello civile e può essere finalizzato all’acquisizione di informazioni sugli obiettivi nemici, alla valutazione di danni bellici, all’aggiornamento delle carte geotopografiche ad uso civile e militare, e alla tutela ambientale con particolare riferimento alle calamità naturali, ma anche agli episodi di inquinamento, all’evoluzione urbanistica e alla salvaguardia del patrimonio archeologico. Esiste la possibilità di utilizzare anche una speciale apparecchiatura fotografica elettronica a raggi infrarossi, la IRLS (Infrared Line Scanner) che a bassa e bassissima quota, sia in missione diurna che notturna, rileva una precisa risposta termica dei corpi. Un Nucleo di Fotointerpretazione (A.P.I.D. – Air Photo Interpretaction Detachment) si occupa di analizzare le foto aeree rilevando ed elaborando tutti quegli elementi necessari ad ottenere le informazioni cercate in maniera dettagliata e completa attraverso le fasi di fotolettura, fotoidentificazione, fotoanalisi e fotointerpretazione.

Molto interessati dai racconti del Maresciallo, abbiamo proseguito il percorso in pullman all’interno della base e dopo aver incontrato e notato un insolito cartello stradale con scritto “Attenzione! Aerei in transito”, abbiamo proseguito ancora un po’ e ci siamo dunque fermati per deporre la corona d’alloro di Abx-Adv sotto un monumento raffigurante un’aquila posto accanto a una statua della Madonna di Loreto, protettrice degli aviatori, e vicino a un F-84 dei Diavoli Rossi. La breve e toccante cerimonia di quel gesto in memoria dei caduti si è svolta sotto una pioggia insistente e i nostri Luca Lanti e Antonio Cistellini, adeguandosi alla regola che vieta ai militari di usare l’ombrello, sono stati immortalati valorosamente sotto la pioggia con l’ombrello chiuso. Eccoli qua i nostri eroi!
 



Foto di Michele Linari
 

Un attimo di sosta sotto una tettoia a scambiare due simpatiche chiacchiere e siamo ripartiti. Il meteo era davvero pessimo e la visibilità scarsa. Si intravedevano solo ombre all’orizzonte. Una era quella della torre di controllo, altre erano quelle dei due hangar del G.E.A., il Gruppo Efficienza Aeromobili, dove noi eravamo diretti per vedere da vicino i Tornado. Nella base infatti alcuni aerei sono in manutenzione all’interno degli hangar e altri velivoli operativi sono sistemati, al riparo da eventuali attacchi, all’interno di vari shelter presenti sul sedime aeroportuale. Un’altra ombra ancora era quella del centro di avvistamento radar della batteria contraerea. La postazione acquisisce l’eventuale traccia e coordina i puntatori delle postazioni antiaeree situate in quattro punti cardinali dell’area aeroportuale. Un breve tragitto ancora e il pullman si è fermato vicino all’hangar, siamo scesi e tutti in gruppo abbiamo seguito il Maresciallo all’interno dell’immenso ambiente con stendardi tricolori pendenti dal soffitto e ci siamo trovati, come promesso, davanti al Tornado, tutti a bocca aperta come bambini! Caspita quant’era grande visto da vicino! Ed aveva pure un disegno molto aggressivo sul muso… quasi quasi metteva soggezione, ma nessuno di noi si è fatto intimidire e ci siamo avvicinati, osservandolo molto da vicino, girandoci intorno e toccandolo
 


 

Nella base di Ghedi prestano servizio i Tornado nella versione IDS (Interdiction Strike) per l’interdizione e l’attacco al suolo. Il Panavia PA-200 “Tornado IDS” è un velivolo supersonico detto anche “cacciabombardiere ognitempo” perché in grado di volare sia di giorno che di notte e con qualsiasi condizione meteo, a quote molto basse con un sistema di navigazione automatico (Terrain Following) che legge e insegue il profilo del terreno fino a una quota minima di 61 metri. La versione IDS ha due cannoni da 27 mm ed è quella che Stefano Pirovano nella prossima foto ha scelto come sfondo per farsi ritrarre.
 



   foto di Luca Lanti
 

Non presente a Ghedi, esiste anche un’altra versione del Tornado, la ADV (Air Defence Variant) con i ruoli specifici di intercettazione e difesa aerea. Il Tornado che invece abbiamo “perlustrato” e che al posto dei cannoni ha, nel caso specifico, dei denti di squalo disegnati sulla fusoliera, è un velivolo che fa parte del 50° Stormo di Piacenza e si tratta di un’ulteriore versione, la ECR (Electronic Combat Reconnaissance), con la possibilità di armamento con missili antiradar. Il Maresciallo ha iniziato a mostrarci l’aereo in dettaglio iniziando dal tubo di Pitot che ha liberato da una protezione di gomma per poi chiedere chi di noi sapesse di cosa si trattasse e a cosa servisse. Mi sto ancora chiedendo il perché, ma ho alzato io la mano e, in un silenzio da interrogazione scolastica, ho dichiarato che si trattava appunto del tubo di Pitot dove in volo entra una quantità d’aria che serve a calcolare la velocità relativa. Il Maresciallo ha annuito e poi aggiunto che la spiegazione era corretta, ma generica perché all’interno una sonda registra la pressione dinamica e statica che poi viene elaborata dal computer e tramite l’anemometro viene visualizzata la velocità. Chissà se mi avrà dato la sufficienza 

            Proseguendo la descrizione, il Maresciallo ci ha illustrato la presenza del radar all’interno del “muso”, realizzato per questo motivo in fibra di vetro anziché in metallo, ci ha indicato la sonda per il rifornimento in volo e il rilevatore dell’angolo di attacco. Questo tanto per cominciare perché poi ci ha mostrato le luci di atterraggio, ci ha parlato del dispositivo per eludere l’intercettazione dei missili e ci ha indicato le prese d’aria ad altissima aspirazione dalle quali durante il funzionamento dei motori bisogna stare lontani alcuni metri perché possono aspirare gli oggetti come le cuffie oppure essere addirittura pericolose per l’incolumità personale. Nella prossima foto, se tutto fosse stato in funzione, avremmo dovuto incollare Teo Pedrini al pavimento con il SuperAttak e non sarebbe stato possibile far niente per i suoi occhiali.
 



Foto di Mario Sparacino
 

Abbiamo osservato la parte sottostante centrale che può ospitare una tanica supplementare di carburante o varie tipologie di POD come quello fotografico. Sotto le ali alloggiano due serbatoi supplementari da 1.500 kg e possono essere installate armi vere oppure anche finte e dimostrative in tempo di pace. Le armi di caduta possono essere installate su 7 punti d'aggancio, 5 sotto la fusoliera e 2 sotto le ali. Gli stessi agganci possono ospitare apparecchiature per la ricognizione aerea o un sistema di designazione degli obiettivi per le bombe a guida laser. Le ali sono parti mobili, dunque a geometria variabile, sulle quali il pilota può intervenire anche manualmente, ma che sono sempre controllate dal computer per proporzionare la loro variazione di freccia in volo in rapporto alla velocità, all’assetto e alla quota per ottimizzarne l’utilizzo e dunque l’efficacia.

            Dopo aver curiosato all’interno delle prese d’aria che hanno lo scopo di alimentare due turboreattori posti affiancati posteriormente alla fusoliera, siamo andati appunto a dare un’occhiatina sul retro direttamente dentro agli ugelli. All’unanimità abbiamo deciso che asciugare i nostri capelli umidi di pioggia con questo “phon” non sarebbe stata una buona idea.
 



Foto di Michele Linari
 

Il Maresciallo ci spiegava che i motori hanno ugelli a geometria variabile a seconda della potenza erogata e che tale potenza può essere aumentata fino a 8-9.000 kg di spinta grazie al postbruciatore che inietta carburante nebulizzato direttamente all’uscita dei gas di scarico ad alta temperatura. Ciò provoca la classica fiammata che spesso raggiunge una lunghezza superiore all’aereo, lunghezza maggiormente visibile in caso di volo notturno. Questa maggiorazione di spinta, usata in fase di decollo serve per staccare prima dal suolo e dunque in minor spazio. Il Tornado infatti è una macchina STOL (Short Take-Off Landing) e sebbene non raggiunga prestazioni spettacolari in questo senso e abbia mediamente una corsa minima di decollo pari a circa 900 metri, durante alcuni collaudi sono stati raggiunti valori di circa 520 metri per un take-off in configurazione leggera e quindi non a pieno carico. Durante alcune manifestazioni aeree alle quali ho assistito ricordo che il Tornado ha utilizzato questa potenza aggiuntiva dei postbruciatori anche in volo quando, al termine di passaggi lenti a bassa quota, ha effettuato poi delle accelerazioni e delle cabrate spettacolari. In fase di atterraggio lo spazio e il tempo di frenata possono essere ridotti grazie agli inversori di spinta che agiscono su ogni turboreattore. Sono due valve situate sopra e sotto l’ugello di scarico e che, azionate dal pilota solo quando sul carrello viene rilevato il peso del velivolo, vanno a chiudere come una conchiglia gli ugelli in modo da creare, con un successivo aumento di potenza del motore, una spinta inversa che arresta più velocemente l’aereo in pista con una corsa di atterraggio minima pari a circa 370 metri.

      Sotto ai motori abbiamo visto anche il gancio per il cavo d’arresto che da altri velivoli viene utilizzato sulle portaerei, mentre nel Tornado ha lo scopo di evitare l’uscita dalla pista in caso di atterraggio lungo tramite l’aggancio di un cavo posto alle due estremità della pista. Prima di salire a bordo, ancora qualche numero sul Tornado: ha una lunghezza di 16,72 m (17,22 con il tubo di Pitot) e un’altezza di 5,95 m; la superficie alare è di 26,60 m2 e l’apertura alare varia da 8,60 a 13,91 m; il peso a vuoto è di 14.090 kg e quello massimo al decollo è di 28.000 kg; la velocità massima è di Mach 2,2 (teorica perché quella effettiva si aggira intorno a Mach 1,9) senza carichi esterni e a 12.000 metri di quota, mentre la quota di tangenza è intorno ai 15.000 m; a pieno carico l’autonomia è di 1.390 km che raggiungono i 3.890 km in configurazione di trasferimento; la velocità di atterraggio è di 213 km/h (115 KIAS) e in fase di decollo il tempo di salita, dal momento del rilascio dei freni, è di 2 minuti per raggiungere quota 9.000 m; la quantità massima di G sopportabili dalla struttura dell’aereo è pari a 7,5.

            E dunque, a turno, siamo saliti su una scala che ci ha permesso di entrare nella cabina di pilotaggio, che in volo è pressurizzata e dotata di impianto di condizionamento, dove abbiamo potuto ammirare tutta l’avionica comodamente seduti su uno dei due sedili eiettabili. Sul tettuccio dell’abitacolo si vedeva chiaramente la traccia che contiene la carica esplosiva che in caso di emergenza, come noto, lo frantuma per permettere l’abbandono del velivolo. Nella prossima foto Mario Sparacino non sa ancora che sta per essere eiettato fuori dall’abitacolo.
 



Foto di Nicola Melani
 

Il Maresciallo stava praticamente a cavallo dell’aereo al di sopra della cabina di pilotaggio e, a seconda del grado di competenza di ognuno di noi, ci interrogava come studenti oppure spiegava come un professore. Quando è stato il mio turno siamo stati zitti entrambi… secondo me la sufficienza mica me l’ha data… mah!… J… ma è stato davvero emozionante stare lì e non ho potuto fare a meno di rivolgere il pensiero alla donna pilota che si sta addestrando sul Tornado. A tutti coloro che sono in grado di pilotarlo e in particolar modo a lei, che avrei voluto conoscere ma non è stato possibile, va tutta la mia ammirazione e le auguro di ottenere grandi soddisfazioni da questa sua attività così complessa e coraggiosa. La nostra guida ci ha raccontato che un giorno alla base c’è stata la visita di un gruppo di bambini di una scuola materna e, a cavallo dell’aereo, ha dovuto calarli tutti, ad uno ad uno, nell’abitacolo. Erano in tutto 49. Se ho capito bene dopo si è preso qualche giorno di ferie

            Finita l’interessante visita in hangar siamo andati a pranzo nella mensa del Circolo Ufficiali, poi ci siamo presi un bel caffè nel bar interno, abbiamo fatto un po’ di shopping di magliette e gadgets vari e poi ci ha raggiunto un Maggiore che, in sostituzione del Comandante della base, era incaricato di ricevere in dono la nostra Targa Abx-Adv e di contraccambiare con un Crest raffigurante il simbolo del 6° Stormo. Ci ha accolto molto gentilmente e ci ha intrattenuto con un interessante discorso sull’attività della base.
 



Foto di Mario Sparacino
 

           Sotto una pioggia che non aveva intenzione di smettere ci siamo avviati in pullman verso l’uscita dove abbiamo salutato la nostra guida con un arrivederci, magari in occasione di un’altra visita in una stagione più mite. Il nostro ringraziamento nei suoi confronti si è materializzato in un applauso conclusivo all’interno del mezzo prima di scendere e di lasciare la base. Fuori, sul piazzale del parcheggio ci attendevano le nostre auto e, purtroppo, i saluti che hanno segnato ufficialmente la fine del nostro bel raduno bresciano del 2006. Spesso i nostri saluti sono bagnati dalla pioggia, ma noi insisteremo finchè non ci saluteremo sotto il sole, o sotto la luna o le stelle. E naturalmente non ci fermeremo, ma continueremo a radunarci e a salutarci indipendentemente dalle condizioni meteo perché i nostri raduni sono raduni “ognitempo” proprio come il Tornado!

            Durante il viaggio di ritorno a casa pensavo che per uscire dall’abitacolo del Tornado sono stata l’unica persona che ha avuto bisogno che qualcuno, gentilmente, le desse una mano per tornare sulla scaletta metallica. Ho sorriso fra me e me. E va bene ragazzi, ok, sono stata l’unica donna a sedere in cabina di pilotaggio durante la visita, ma non cominciamo a cavillare adesso. Semplicemente non sono addestrata e… e poi mica ho più vent’anni!

            Per rimediare mi sono addestrata parecchio con la penna, ho preso appunti e poi ho anche studiato e spero che questo mio lungo racconto vi abbia tenuto una piacevole compagnia, ma soprattutto speriamo di meritare quella famosa sufficienza!

Arrivederci al prossimo raduno.

Riccarda Patelli Linari

 
Va beh stavolta esageriamo!!! (foto di Luca Lanti)
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Antonio "il2" Cistellini

 

Ecco i reportage dei nostri fotografi sul raduno annuale Brescia 2006
Massimiliano Cavalli:

 

 

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